La compassione del predatore – racconti di uomini e belve

Il piccolo gnu e la leonessa
Il piccolo gnu e la leonessa

 

Nell’estate della calda savana africana una femmina di Gnu era prossima al parto.

Quando si avvicina il momento, tutte le Gnu gravide si spostano istintivamente verso il centro del branco, dove possono avere una maggior protezione, dove sono meno esposte all’attacco dei predatori. Non sempre, però, riescono per tempo a raggiungere una posizione sufficientemente riparata. Nascere in un posto troppo esposto trasforma prematuramente il cucciolo in una facile preda.

Nell’inverno del freddo vicolo cittadino una giovane turista avanzava lentamente.

Quando è ormai tardi per ogni attrazione, tutte le persone si spostano istintivamente verso un luogo ritenuto sicuro in cui trascorrere le ore di riposo, dove si sentono meno esposte all’attacco dei predatori. Non sempre, però, riescono per tempo a raggiungere una dimora, un albergo od un’ostello. Transitare in certi luoghi, bui e poco frequentati, può trasformare un turista in una facile preda.

La femmina di Gnu è ormai arrivata al termine.

Dal momento del parto, al cucciolo bastano pochi minuti, una decina al massimo, per alzarsi, imparare a camminare e ad iniziare a correre. Quando però la madre non si accorge di essere circondata dalle iene, una decina di minuti possono essere troppi perché si possa sperare di sopravvivere.

La turista è quasi giunta al proprio albergo.

Da quando s’intravvede la fine della via le bastano pochi minuti, una decina al massimo per arrivare, varcare la soglia ed essere al sicuro. Quando però una turista non si accorge di essere circondata dal pericolo, una decina di minuti possono essere davvero troppi perché si possa sperare di arrivare.

Il piccolo Gnu nasce, circondato dalle iene.

Madre e figlio sembrerebbero spacciati, ma arriva una leonessa che spaventa le iene, le allontana una dopo l’altra. Fugge anche la madre e la leonessa è libera di puntare al piccolo. Moltissimi Gnu muoiono in questo modo, appena nati. Ma questa leonessa non attacca il piccolo. Nessun sa perché, ma lo annusa qualche minuto e poi lo lascia andare. È la compassione del predatore.

Nel vicolo, la turista si trova braccata.

Il malvivente la spinge verso un angolo, lei indietreggia, un passo dopo l’altro e sembrerebbe spacciata. Lui la guarda compiaciuto nel vederla arrivare con le spalle al muro, lei socchiude un attimo gli occhi sorpresa dall’urto e la belva si avventa. Un lampo d’acciaio, un fiotto di sangue. La turista si piega in avanti, estrae la lama, la pulisce e la reinfila nella guaina. Non c’è compassione per chi si crede un predatore.

Siamo animali con una natura contraddittoria
   di predatori attanagliati dalla compassione
per le nostre prede
[Il dilemma della Sfinge]